RICUCIRE PERO: Omelia di mercoledì 14 settembre 2016

Questa sera, in questi giorni di festa patronale, sotto l’invito a “ricucire Pero”, ci viene proposta la croce, da adorare e da guardare.

Della croce oggi propongo questa definizione.

La croce è l’ago con cui Dio ricuce la nostra umanità strappata.

Se vogliamo evitare le toppe dobbiamo usare l’ago e usarlo di fino. Dio ha voluto usare la croce come un ago per entrare nella carne, nel profondo dell’animo umano.

È stato ed è un ago doloroso. Ha cercato di fare meno danni possibili – è per questo si usano ago, sempre più sottili e raffinati – ma Lui, Dio, ha raccolto tanto dolore, affinché quest’ago possa essere sempre più sottile, sempre più essenziale. Essenziale come solo la croce sa essere.

L’ago ha permesso al filo del suo amore di passare attraverso le più piccole maglie dell’umanità, di intrecciarne le fibre, di tessere splendidi ricami, disegnati come in un arazzo, lungo la storia, la storia della Chiesa.

Se Vogliamo ricucire Pero, abbiamo bisogno anche noi di ago e filo.

L’ago è la croce, la croce di Cristo, – croce da contemplare costantemente – che diventa la nostra croce.

L’ago, cioè la croce, è per penetrare anche noi nell’animo umano, per condividerne il dolore più profondo.

Dobbiamo guardare il dolore! Dobbiamo contemplarlo sempre fino a caricarlo su di noi, fino a farlo nostro.

Non ricuciremo nulla se non ci accorgiamo di quanto l’uomo possa soffrire, di quanto gli uomini soffrono. Anche i nostri avversari e nemici, anche quelli che fanno soffrire e strappano e lacerano.

Poi dovremo riannodare con amore paziente e infinito, riannodare punto dopo punto, fibra dopo fibra, senza stancarci mai. Perché i punti si perdono e le fibre si spezzano: quante volte l’amore sembra inutile!

Infine dobbiamo ricamare, dobbiamo fare qualcosa di veramente bello. E dobbiamo farlo insieme. Dobbiamo diffondere la bellezza, la bellezza che salva il mondo (come dicevano Dostoevskij e il Card. Martini), la bellezza della croce.

don Maurizio