OMELIA GIOVEDÌ SANTO 2017

Vorrei anzitutto comunicarvi, carissimi, la mia gioia profonda nel trovarmi qui con voi, nel trovarci qui tra noi. Qui, tra voi, trovo uno dei motivi del mio essere, l’altro l’ho vissuto con don Giacomo e don Alessio questa mattina, in Duomo, intorno al nostro Arcivescovo, che abbia avuto la fortuna di accogliere l’altra domenica. Lui stesso ricordava il primo motivo del mio essere qui, citando le parola di papa Francesco alle Case Bianche di Milano, avendo ricevuto in dono una stola, ha detto quella stola (cioè il segno di un potere ricevuto, di possibilità di cui siamo stati investiti e che perciò non viene da noi, ma ci è stata data) era tessuta dal popolo di Dio.

È bello essere qui tra noi.

L’attenzione a “noi” è una delle cinque linee su cui ci siamo proposti di camminare, come conseguenza della Visita Pastorale, conclusa quasi due mesi e mezzo fa in questa chiesa.

Sappiamo che non dobbiamo leggere questo “noi” in modo chiuso, esclusivo e giudicante. Soffro un po’ perché non tutti noi siamo qui. Alcuni non hanno potuto, altri non hanno forse voluto, altri ancora non si posti neppure la domanda di essere qui, ma non per questo ci sentiamo di escluderli da “noi”.

Questo è un momento per noi, come e più di quanto lo siano stati, per esempio, gli esercizi. Qui c’è una forza tutta particolare.

 

Permettetemi anche di esprimere, accanto alla gioia di essere qui tra noi, anche la sofferenza per le divisioni che ancora ci segnano e che ci segneranno ancora. In parte sono inevitabili: sono il riflesso di quella ricchezza data dalle nostre diversità. Non è facile capirci, e non è facile accettare i difetti degli altri, e neppure i nostri difetti… non è facile riuscire a valorizzare chi facciamo fatica a comprendere. Penso però che uno sforzo dobbiamo farlo tutti, ciascuno deve partire per primo. Penso anzi che questo sforzo debba prolungarsi ancora molto. Come Paolo ci ricorda nell’epistola, qui, nell’Eucaristia, le divisioni emergono in modo più doloroso. Io spesso di fronte a queste divisioni e a questi dolori, taccio, forse troppo. Non vorrei essere frainteso: io voglio davvero essere accanto a tutti, vorrei tentare, almeno.

 

Per leggere questo momento dedicato a noi, riprendo i tre momenti del Vangelo, del racconto della Passione di Gesù secondo Matteo ascoltata questa sera: l’Eucaristia, la preghiera nel Getsemani e la consegna da parte di Giuda.

  1. L’Eucaristia è il dono più grande. Gesù dona se stesso, lo fa attraverso i segni del pane e del vino, che proprio per questo diventano segni efficaci, cioè capaci di donarci la presenza reale di Gesù.

Ognuno di noi qui diventa un’Eucaristia, diventa un dono grande per Dio Padre e per noi, ciascuno per gli altri, e poi anche per chiunque sta oltre noi, per il mondo intero… io di questo vostro dono rendo grazie. Rendo grazie della disponibilità che vedo in don Giacomo e don Alessio, in come ci donano la Parola, in come amministrano i Sacramenti, in come organizzano, in modo diverso, le loro attività, in come sanno richiamarmi…

Rendo grazie a chi si impegna per la liturgia, per la catechesi, per la carità, per gestire le strutture, per organizzare anche i lavoro più umili, per accostare anche gli ultimi… rendo grazia e ciascuno di voi che è qui tra noi, magari con il desiderio di vivere la pregnanza di questo Triduo.

Ma soprattutto rendo grazie perché ognuno di noi è qui con la sua vita, con i suoi problemi, i suoi limiti e i suoi peccati, ma che con le sue capacità, la sua fede, la sua umanità.

Vorrei davvero che imparassimo a riconoscerci gli uni gli altri come dono, Vorrei davvero che riuscissimo a cogliere sempre la ricchezza che chiunque tra noi sa donare intorno a sé.

Raccogliamo anche l’invito a donarci sempre di più, e a farlo gratuitamente (come tanti già fanno) a fare di noi un dono, un “sacrificio perenne a te gradito” (preghiera eucaristica III).

A questo ci dovrà stimolare ogni Eucaristia a cui parteciperemo d’ora in poi.

  1. La preghiera è anch’essa un dono grande. Gesù nel Vangelo mentre invita Pietro, a Giacomo, a Giovanni e ciascuno di noi a pregare con lui, ci mostra anche la sua preghiera.

La sua anima è triste fino alla morte, ma sceglie di seguire sempre la volontà del Padre. La preghiera permette una confidenza estrema con Dio, fino a affidargli le sofferenze più intime. Ma la preghiera permette anche la capacità di capire quale sia la sua volontà e la forza per seguirla.

Sono tante le persone che pregano nella nostra Comunità, tante lo fanno in modo semplice, quotidiano, diffuso. Scopro con stupore tanti che tra noi pregano, pur avendo la vita segnata da non pochi dolori… molti di quanti pregano non sono tra le persone più in vista, spesso sono anziani, o malati, ma c’è anche qualche giovane che prega.

Finché tra noi ci sarà chi prega avremo speranza per questa comunità e anche per questa società. Quando aumenteranno i giovani che pregano, allora la nostra comunità potrà crescere più velocemente e scopriremo prodigi nuovi di Dio tra noi.

Gesù ora ci invita tutti a vegliare e pregare con lui. I momenti sono difficili. Dobbiamo pregare per tante situazioni di dolore e per tremende lotte spirituali.

Mi permetto di esplicitare ora la preghiera che tanti di noi hanno fatto Per i nostri amici Copti: ci sono grande stimolo nella fede, abbiamo avuto la ricchezza di condividere con loro la Via Crucis venerdì scorso, come sappiamo domenica sono stati duramente colpiti dalla follia dell’integralismo islamico. Sappiamo bene, anche se non riusciamo a immaginarcelo, che potrebbe capitare anche a noi. La preghiera deve soprattutto aiutarci a non farci prendere dall’odio e dalle contrapposizioni, neppure dalle contrapposizioni con chi ci uccide. La preghiera deve e può aiutarci a mantenere vivo tra noi lo sguardo di Dio, la sua capacità di giudizio, il suo volere.

Dobbiamo pregare, carissimi, vegliare e pregare.

Grazie a chi sostiene la nostra preghiera e ci invita a pregare con lui.

  1. Giuda ha tradito, cioè ha “consegnato” Gesù a chi voleva ucciderlo. Noi non sappiamo perché lo ha fatto, tanti in questi venti secoli se lo sono chiesto. Non sappiamo se lo ha fatto per denaro (ma sarebbe stato troppo poco!), o perché non lo capiva più e non lo accettava, o per chissà quale altro ragionamento o istinto. Noi non vogliamo né dobbiamo giudicare Giuda. Sappiamo però che anche noi possiamo consegnare Gesù e il Vangelo in mano chi lo manipola ai proprio calcoli. Possiamo svalorizzare il Vangelo, sminuirne l’importanza. Anche per ciascuno di noi esiste la possibilità di usare il Vangelo per i nostri interessi, per piegarlo ai nostri piani, per affermare noi stessi… non dobbiamo consegnare Gesù, ma consegnare, cioè affidare noi stessi al Padre, affinché lui possa disporre di noi secondo le sue logiche d’amore. A questo siamo chiamati. Non facciamo come Giona, profeta bel consapevole del Dio misericordioso verso tutti, ma incapace di accettare che questo Dio non volesse condannare i Niniviti ai quali lui non riusciva a voler bene…

Non rinneghiamo Gesù, non neghiamo di conoscerlo, non nascondiamo più la nostra fede, non dobbiamo più privare il mondo di quella ricchezza che il Signore ci ha donato per il bene di tutti. Come abbiamo detto domenica scorsa, anche noi dobbiamo osare, in nome della nostra fede, con rispetto e delicatezza, senza nessun tipo di violenza, ma dobbiamo osare. Mostriamo con la nostra vita che cosa può fare il Vangelo, al di là del nostro peccato.

Vi ringrazio, carissimi, di avermi permesso di esprimere questi pensieri, i piedi che ho lavato prima di questo celebrazione, siano davvero un segno di quel servizio che, con don Giacomo e di Alessio, mi permettevo di voler rinnovare tra noi questa sera, per potervi aiutare a rendere sempre più concreto un Vangelo in questa bella Pero (compresa Cerchiate).