AL “TE DEUM” per il 2020
Vien da dire che questo che si conclude non è un anno per il quale ringraziare. “Sarebbe piuttosto un anno da cancellare”. “Sarebbe stato meglio se non ci fosse stato”. “Magari potessimo riprovare a viverlo!”.
Ma noi credenti abbiamo uno sguardo diverso sulla vita, sul mondo e sulla storia. È uno sguardo rinnovato alla luce di Cristo, uno sguardo che si posa su una realtà da Lui salvata. Ci illuminano le parole di san Paolo apostolo: “Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Tess 5,16-18).
Perciò noi ringraziamo. Ringraziamo anche al termine di questo anno. Ringraziamo perché sappiamo di aver già ricevuto e di aver ricevuto moltissimo. Sappiamo di essere comunque e sempre amati dal Signore. Sappiamo che la sua presenza c’è, anche nei momenti più bui, anche quando non riusciamo a vedere e capire, anche quando soffriamo e piangiamo. Il Signore non ha mancato di farsi presente con il suo amore anche in questo 2020 ormai terminato.
Invito ciascuno di voi a trovare alcuni motivi legati all’anno appena trascorso e per i quali dire grazie a Dio.
Io provo a evidenziarne alcuni. Anzi, ne dico uno solo, un solo motivo che si articola in più aspetti.
Io ringrazio e invito tutti a ringraziare il Signore perché “tocca a noi”.
Grazie, Signore, perché tocca a noi.
Tocca “a noi”, tocca “proprio” a noi. A noi di Pero e Cerchiate, a noi italiani, europei, occidentali, per lunghi anni segnati dal benessere, in un mondo nel quale le disgrazie, le guerre, le catastrofi, le epidemie, la povertà sono notizie di un “altro” mondo (un “Terzo mondo”, come lo chiamavamo) e ci siamo illusi che questa situazione fosse normale, una situazione scontata, un nostro diritto. È pur vero che tanti tra noi vengono da condizioni di profondo disagio, ma sono arrivati qui pensando di averle ormai lasciate alle spalle, perché il dolore esiste anche per noi, tocca a anche noi, “proprio noi”.
Tocca “a noi”, tocca a “tutti” noi. Certo, anche prima non mancavano prove, dolori, malattie, lutti… ma erano di questa o quella persona, di questa o quella famiglia, a volte anche la nostra, ma comunque circoscritta. E ci siamo illusi che ogni prova fosse un’eccezione, qualcosa dalla quale uscire, al più presto, qualcosa di cui lamentarci, un’ingiustizia che colpisce solo alcuni sfortunati. E invece questa volta tocca “tutti noi”.
Tocca “a noi”, tocca a noi “cristiani”, a noi credenti in Cristo Gesù. Perché se tutti gli uomini e tutte le donne sono chiamati ad affrontare questa epidemia e ogni altra sofferenza, noi non possiamo e non dobbiamo tirarci indietro. Noi credenti vogliamo seguire il Dio che si è fatto uomo, per condividere fino in fondo ogni umana situazione. Noi sappiamo che quella preghiera costante che si innalza dai nostri cuori e dalle nostre assemblee, ci spinge a farci avanti, a dire “Eccomi!”, a essere tra i primi che affrontano questa e ogni altra situazione con lo stile di Gesù, lo stile di colui che ha amato il mondo, ha amato ogni uomo e ogni donna, anche quelli segnati dal peccato. Tocca “a noi cristiani, credenti”
Grazie, dunque, Signore, perché tocca a noi.
Grazie, Signore, perché tocca a noi riconoscerci fragili. Tocca a noi capire e accettare di essere limitati, di sbagliare, di peccare. Tocca a noi riconoscere che siamo sottoposti a infinite restrizioni (non solo e non tanto quelle imposte dai decreti). Tocca a noi riconoscere di non poter fare tutto quello che ci passa per la mente, che non tutto è lecito e non tutto è possibile, e non basta certo il progresso della scienza e della tecnica, e neppure tanta furbizia, per poter fare tutto… Tocca a noi ricordarci che siamo destinati a morire, ma chiamati a una vita eterna.
Grazie, Signore, perché tocca a noi vivere e valorizzare le relazioni. Tocca a noi accorgerci che da soli non ce la facciamo. Abbiamo bisogno degli altri, di tutti gli altri, anche di coloro che vorremmo cancellare perché li vediamo come ostacoli ai nostri progetti. Abbiamo bisogno dell’umanità. Abbiamo bisogno di ascoltare tutti e ciascuno, di confrontarci con tutti e con ciascuno, di vagliare ogni proposta. Abbiamo bisogno anche di rapporti veri, aperti, nei quali rischiare la fiducia. Abbiamo bisogno di aprire il cuore, al di là di ogni formalità, abbiamo bisogno di scoprire una prossimità che è possibile, pur nel rispetto del distanziamento fisico. Abbiamo capito che possiamo e dobbiamo chiedere aiuto, chiamare altri a collaborare con noi, aderire a progetti che altri ci propongono, anche se non sempre riusciamo a comprenderli fino in fondo. Soprattutto possiamo aderire al progetto di Dio e a quella sua concretizzazione che la Chiesa annuncia con costanza e che Gesù stesso ha chiamato “Regno di Dio”.
Grazie, Signore, perché tocca a noi prenderci cura. Tocca a noi riconoscere il valore di ogni persona e di ogni vita umana, anche quella che riteniamo più inutile, anche quella che ci sembra dannosa, quindi, da sopprimere. Tocca a noi accorgerci del vicino che soffre e ha bisogno, anche se non sappiamo come aiutarlo e verso il quale non osiamo muoverci, ma che non possiamo e non dobbiamo dimenticare. Tocca a noi farci vicini a chiunque soffre, a qualunque persona che, forse casualmente, incontriamo. Tocca a noi accorgerci anche delle necessità di cui forse gli stessi bisognosi non si rendono conto. Tocca a noi non darci quiete, finché ci sono pianti, lacrime e gemiti in questo mondo. Possiamo solo fare “pause di pace” per gustare la presenza di Dio nell’incontro personale con Lui.
Grazie, Signore per questo anno, così strano, così carico di sofferenza. Grazie, perché ce lo hai donato. Grazie perché non ci abbandoni mai, neppure nei prossimi tempi. Grazie perché ci chiami a collaborare e ci stimoli. Grazie perché ti fidi ancora di noi dicendoci che tocca a noi.
don Maurizio