OMELIA PER LA FESTA DEI SANTI APOSTOLI FILIPPO E GIACOMO

OMELIA PER LA FESTA DEI SANTI APOSTOLI FILIPPO E GIACOMO

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 4, 9-15)
Fratelli, ritengo che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi. Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei carissimi. Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo.  

Mi tocca particolarmente quella frase dell’apostolo Paolo che abbiamo sentito nell’Epistola di oggi. Dice che Dio ha messo gli apostoli “all’ultimo posto”. E poi continua parlando del disprezzo che gli apostoli ricevono.

È una costatazione di sempre e non solo per gli apostoli: chi parla di Gesù, che annuncia il Vangelo, chi esprime la sua fede rischia di finire sempre all’ultimo posto.

Anche oggi. La nostra chiesa si sta svuotando. È una costatazione, non una lamentela. Non solo gli apostoli, ma Gesù stesso, spesso è messo all’ultimo posto.

Probabilmente qui a Pero e Cerchiate non succede, ma non manca chi vuole eliminare anche fisicamente chi parla di Gesù. I martiri ci sono ancora. E le cronache ce ne parlano.

Più diffusi sono coloro che disprezzano quanti proclamano di seguire Gesù o il Vangelo. A volte è un disprezzo aperto, altre volte è una più sottile ironia, un pensiero imprecisato e immotivato di condanna, basato su sensazioni diffuse, più che da solidi ragionamenti. Sono sensazioni che condannano non solo gli apostoli, ma tutti coloro che vogliono credere davvero.

E poi ci sono tante forme di indifferenza, di chi sfugge al confronto, ma ignora o più semplicemente mette “all’ultimo posto” Gesù. Ecco perché le nostre chiese si stanno svuotando. L’epidemia non è la causa, ma solo un fattore che ha accelerato un processo frequente nella storia della Chiesa.

Tra le altre cause di questa situazione dobbiamo riconoscere che c’è anche il nostro peccato, che offre un inevitabile scandalo a chiunque pure intravvede la possibilità di aderire più profondamente a Gesù. Certo non è l’unica causa e neppure la prima, ma c’è. E dobbiamo riconoscerla.

In questo contesto i santi Filippo e Giacomo ci stimolano. Ci invitano a farci tutti testimoni di Gesù e del suo Vangelo. Ci chiedono di essere una presenza viva, oggi, in questa nostra realtà.

Riprendo ancora le parole di Paolo.

“Ci affatichiamo lavorando con le nostre mani”. Non dobbiamo farci prendere dallo sconforto o dalla pigrizia, ma rimboccarci le maniche perché la nostra fede si manifesta anzitutto attraverso le nostre opere. Ci viene chiesto di lavorare concretamente, per il bene di tutti, di impegnarci in opere di carità, di mostrare la nostra fede.

“Benediciamo… confortiamo”. Il cristiano non parla mai male di nessuno. Se deve accusare qualcuno lo fa sempre e solo per il suo bene. A noi tocca invece diffondere il bene, dobbiamo sempre valorizzare il bene ovunque sia, da qualunque parte provenga. Dobbiamo stimolare la bene, confortare nelle difficoltà, aiutare chiunque viva in situazione di disagio o sofferenza.

“Io vi ho generato”, dice infine Paolo, perché ogni cristiano è fonte di vita, e difende la vita sempre, la vita di ogni uomo o donna. Dobbiamo sempre difendere la vita e lottare perché cresca la sua qualità, perché rifiorisca in questa nostro mondo, in questa nostra società così oppressa, affaticata e provata.

don Maurizio