OMELIA PER COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI

OMELIA PER COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI

È praticamente una vita, da quando sono adolescente, che mi domando come affrontare la morte. Intendo la mia morte. A essere più precisi è una vita, da quando sono adolescente, che allontano questa domanda, perché non so bene che cosa rispondere. Suppongo che possa essere anche la vostra domanda.

Sono stato aiutato ad affrontare la domanda sulla mia morte da alcune riflessioni del Vescovo che mi ha ordinato, il Card. Carlo Maria Martini, che non nascondeva la sua paura della morte. La morte – ho capito grazie a lui – si affronta con l’atto più alto della fede in Gesù. La morte si affronta affidando, lungo tutta la vita, la mia persona al Padre. È infatti la fede e solo la fede che dà valore alla mia vita e alla mia morte. Si vive e si muore affidandosi a Dio! Anche la morte è un atto di affidamento.

Ma non bastano certo le parole, che pure aiutano a capire e a ordinare quanto viviamo, sperimentiamo e percepiamo. Dobbiamo anche vivere l’atto di affidamento nelle nostre sensazioni, nei sentimenti, nei pensieri, nei ragionamenti… nelle grandi decisioni di vita e nelle piccole scelte quotidiane.

Mi aiuta molto accompagnare persone alla morte e affidarle poi al Signore, come cerco di fare ogni volta che celebro un funerale.

Molto mi hanno aiutato le esperienze della morte di mio papà e della morte (più recente) di mia mamma.

Credo che tutti possiamo crescere nella misura in cui ci viene dato di accompagnare i nostri cari, gli amici e tanti altri verso il, passo della morte. Credo che tutti possiamo crescere se impariamo a rendere sempre meno privato il cammino che porta alla morte. Credo che tutti potremo crescere nella misura in cui impariamo a condividere il lutto che ci separa dai nostri cari defunti.

Perciò è importante ritrovarci qui, al cimitero, in luogo gestito nella dimensione civile (cioè dal Comune e non dalla Parrocchia, o Chiesa), ma comunque luogo sacro.

La morte e la vita si affrontano insieme, soprattutto nella Chiesa, imparando insieme ad affidarci, allenandoci nell’affidarci gli uni gli altri, per imparare ad affidare totalmente la nostra vita solo a Dio.

Rileggo così il Vangelo di oggi. Siamo incitati ad ascoltare la voce di Gesù. Lui ci chiama. Tutta la vita può essere vista come una continua risposta a Gesù che ci chiama per seguirlo. La nascita è una chiamata, la presenza di persone care sono una chiamata all’amicizia, all’accoglienza, all’amore…, la scelta di vita è preziosa se vista come vocazione, come risposta alla chiamata di Dio, anche le prove come le malattie o i fallimenti sono chiamate a testimoniare sempre la fede e l’amore. La morte è una di queste chiamate, probabilmente non l’ultima.

Noi sappiamo che il Signore continuerà a chiamarci, sentiremo sempre la sua voce, potremo godere sempre della sua presenza, insieme a quella di tutti inostri cari, con i santi e tanti uomini e donne che hanno resa bella la nostra vita. Questa è la vita eterna.

Lui, Gesù, ci chiamerà sempre, per poter sempre costruire un dialogo di amore e di amicizia con Lui. E noi, in forza della sua potenza, potremo sempre rispondere, se lo vorremo. Questa riposta a Gesù è la vita eterna.

Ecco allora come possiamo prepararci alla morte. Imparando e allenandoci a rispondere a Gesù. Rispondendo a Lui tutte le volte che ci chiama. E ci chiama tante volte: alla preghiera, all’incontro con Lui nei sacramenti, al servizio, al farci vicini a chi è solo o arrabbiato, a consolare chi piange, a… ognuno ha le sue infinite chiamate.

A lui ora affidiamo ancora la nostra vita e quella di tutti inostri cari defunti.

don Maurizio