OMELIA NELLA FESTA DEI SANTI FILIPPO E GIACOMO

OMELIA NELLA FESTA DEI SANTI FILIPPO E GIACOMO

“Pronti… Via!“ mi fa pensare alla partenza di una corsa.

La collego all’immagine del Cenacolo che ci viene presentata nella lettura degli Atti degli apostoli. Anche la pagina di Vangelo racconta di alcune parole dette da Gesù nel Vangelo proprio nel Cenacolo. Ma qui l’unico pronto è Gesù. Dice di essere “la Via”, aggiungendo “la Verità e la Vita”. I discepoli non sembrano affatto pronti.

All’inizio del libro degli Atti degli apostoli si elencano i nomi degli apostoli rinchiusi nel Cenacolo. Anche qui non si può dire che siano pronti, ma da quel cenacolo erano comunque partiti di corsa Pietro e Giovanni, quando le donne hanno detto della visione degli angeli e nessuno aveva creduto loro. Sono corsi al sepolcro e lo hanno trovato vuoto.

Al Cenacolo sono arrivati di corsa i due discepoli da Emmaus dopo che hanno riconosciuto Gesù risorto allo spezzare del pane.

Nel Cenacolo i discepoli hanno incontrato il Signore risorto. Filippo e Giacomo erano tra loro.

Dal Cenacolo, dopo Pentecoste, sono partiti i discepoli per andare in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo di Gesù risorto. Se non erano propriamente di corsa, certamente erano pieni di eccitazione.

“Pronti… Via!“ descrive bene la situazione dei santi Filippo e Giacomo dopo l’esperienza dell’incontro con Gesù risorto e del dono dello Spirito santo nel giorno di Pentecoste.

Ma c’è un aspetto che mi fa pensare e sul quale vorrei fermarmi con voi questa sera.

San Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, parla degli apostoli come di coloro che sono “all’ultimo posto”.

Le parole dell’apostolo sono spietate: “all’ultimo posto, come condannati a morte”! Poi Paolo continua dicendo che gli apostoli sono “deboli… disprezzati… calunniati… diventati come la spazzatura del mondo”. Non sono immagini piacevoli.

È per questo che dovrebbero correre gli apostoli? Per arrivare ultimi?

Contrasta anche con l’immagine che noi abbiamo della Chiesa, e dei successori degli apostoli, dei vescovi e, potrei aggiungere, anche dei preti. Spesso non sono affatto negli ultimi posti di questo mondo, sono onorati e applauditi, criticati, sì, ma nascostamente.

E anche la nostra Comunità, nonostante i tanti difetti, non è una comunità di chi sta agli ultimi posti. Spesso siamo davanti. Anche in questa festa che iniziamo, non è fatta certo per starcene agli ultimi posti. Vorremmo essere anzi i primi, i vincitori, applauditi da tanti che ci diranno “Che bella festa!”. E se qualche volta dobbiamo registrare una sconfitta, ci sembra che non sia quello che il Signore ci chiede.

Eppure gli ultimi posti sono da prendere in seria considerazione per gli apostoli, per la Chiesa in generale, per la nostra Comunità, per ciascuno di noi.

Certamente dobbiamo prendere atto che l’essere cristiani, il seguire Gesù, non è garanzia di successo. Spesso, anzi, ci troviamo ad essere perdenti. E non credo che possa consolarci più di tanto il sapere che il premio arriverà alla fine. Certo, la vita eterna e la gioia infinita che ci attende ci saranno, ma più come dono, che come premio per quanto abbiamo fatto. La croce di Gesù insegna a noi, come a Paolo, che spesso dobbiamo imparare a perdere. Dio non è quel mago che alla fine ci fa vincere anche se giochiamo

male.

Nel contemplare l’ultimo posto nasce la consapevolezza che spesso quell’ultimo posto ce lo siamo anche meritato, perché tante volte noi ci comportiamo male, siamo peccatori, contraddiciamo quel Vangelo nel quale diciamo di credere. Quando si dice che chi va in chiesa è peggio degli altri, talvolta si dice anche il vero. Noi non siamo i migliori, piuttosto siamo i salvati.

Credo però che la contemplazione dell’ultimo posto ci inviti anche e soprattutto a stare davvero con gli ultimi, con quelli che il mondo scarta (come ci insegna Papa Francesco). Noi siamo chiamati tutti a stare vicini agli ultimi, ai sempliciotti, agli sconfitti, ai sofferenti, persino ai peccatori. Non si tratta di difendere il diritto dei deboli, di diventare i bravi che aiutano gli ultimi… si tratta di farci anche noi poveri con i poveri, vicini a chi è ultimo. Ne saremo capaci?

Non so dirvi quanto e come Filippo e Giacomo abbiano occupato gli ultimi posti. Noi oggi diamo loro l’onore della santità, ma loro sono stati perseguitati e uccisi a causa della fede. Sono martiri! Ma so che possono insegnarci a non aver paura di arrivare ultimi.

Anche per questo possiamo partire. Perciò: Pronti… via!

don Maurizio