OMELIA Quinta domenica di Quaresima

Papa Francesco ha meravigliosamente anticipato l’indulgenza che siamo soliti ricevere in questa domenica, ma che quest’anno non ci è permessa.

Ogni anno il ritrovo era al cimitero. Partivamo da quel luogo che fa pensare a qualcosa di definitivo, ma che in realtà scoprivamo essere un luogo di passaggio, perché da lì partiva la processione.

Come Gesù si è recato al luogo dove era stato riposto l’amico Lazzaro, così anche noi ci portavamo lì, dove riposano i nostri cari, dove riposeremo anche noi. In questi tempi i cimiteri sono chiusi. Io vado per benedire salme e ceneri dei nostri cari che ci hanno appena lasciato.

Ogni anno la bella pagina di Vangelo che abbiamo ascoltato (anche poco fa) ci aiuta ad andare oltre quel luogo, a ripartire da lì, a capire che la vita non finisce lì, in una tomba. Ci aiuta a capire la vita eterna.

La domanda che Gesù fa a Marta risuona anche per noi. “Credi questo?” “Credi che il io sono la risurrezione e la vita e chi crede in me non morirà in eterno?”

La domanda è rivolta anche a noi.

Oggi, a Pero, in questa situazione traumatica, forse più che mai il cristiano deve essere uno che crede la vita eterna. Il cristiano crede la vita eterna.

Ma che cosa significa e che cosa comporta credere la vita eterna?

Provo a dare alcune risposte. Altre potreste provare a darle voi, continuando gli stimoli che spero di offrirvi.

Credere la vita eterna significa dare al nostro impegno il giusto valore. I beni materiali (soldi compresi), gli impegni e le responsabilità, il lavoro, la salute, come pure la pace e la libertà, la giustizia sono importanti, ma non sono la cosa più importante (non lo è neppure la salute)! Il cristiano sa che tutte queste cose sono beni “penultimi”. Sono beni per i quali dobbiamo certamente impegnarci, mantenendoli nel loro giusto ordine, ma senza dimenticare che ciò che conta di più è altro: è una realtà che dura in eterno, è l’amore eterno e infinito di Dio per noi.

Conseguenza di questa considerazione è uno sguardo diverso, più ampio, più saggio e più carico di misericordia su tutto quello che noi facciamo e su tutto ciò per cui ci impegniamo. Può darsi che noi non riusciremo a darci una sicurezza economica, a realizzare lavoro e dignità per tutti, a costruire pace, a preservare la salute… può darsi che falliremo nei vari nostri progetti, ma non per questo saremo falliti, perché il valore del nostro impegno e, soprattutto, il nostro valore sono custoditi nella vita eterna, cioè nell’amore di Dio.

Credere la vita eterna significa iniziare a guardare la morte con occhi nuovi, con gli occhi della fede. Questo è probabilmente il significato più difficile o che ci spaventa di più. Ma è importante. Vedere la morte con occhi nuovi non significa dimenticare che la morte fa paura, così come ha fatto paura a Gesù. Fa paura anche la morte di chi ci è caro. Il Vangelo ci racconta di Gesù che piange per Lazzaro. Però Gesù stesso, nella sua passione, si rende conto che la morte può assumere significati nuovi. La morte non è più la fine di tutto, ma il passaggio che ci permette di affidare pienamente e totalmente la nostra vita a Dio Padre.

La morte è un passaggio come il passaggio del mar Rosso vissuto dagli Israeliti in fuga dall’Egitto: difficile, duro, che cercheremo di allontanare il più possibile, ma prima o poi da affrontare. Il cristiano si prepara ad affrontarlo come passaggio. I passaggi sono tanti nella nostra vita, a volte sono prove dure, che ci segnano. Può essere un esame (il più banale, scolastico o clinico), può essere un fallimento o una malattia… può essere una guerra, oppure un’epidemia, come questa che stiamo vivendo. La morte è il passaggio più serio per ciascuno di noi.

Qualcuno ha detto che il tempo sarà indicato come prima o dopo il coronavirus: In realtà si può dire anche prima o dopo quella guerra. Il cristiano continuerà a dire “prima o dopo Cristo”, perché tutto ruota intorno a Lui, non intorno a guerre, carestie o epidemie. In Lui tutto prende uno sguardo nuovo, anche il passaggio e la prova fondamentale per ciascuno di noi. Quello della nostra morte! Questo significa credere la vita eterna!

Credere la vita eterna significa rispondere sempre e comunque a Dio che chiama. Mi fa impressione il grido di Gesù: “Lazzaro, vieni fuori!”. Deve essere stato davvero potente, se ha raggiunto persino colui che era morto! Come poteva sentire? E come avrebbe potuto venire fuori?

Attraverso Gesù, attraverso il Vangelo, Dio ci raggiunge in ogni situazione. Ci raggiunge anche se siamo distratti, smarriti, confusi, schiacciati, oppressi, arrabbiati, increduli, peccatori… anche se siamo morti e sepolti.

Quando il Signore Dio ci chiama, noi possiamo rispondere. Sempre! Potremo avere mille scuse per non rispondere, per fare altro, per ignorare, per restare morti. Ma possiamo rispondere: questa è la vita eterna. Già adesso la nostra vita, senza Lui che chiama, diventa morte, morte eterna, anche se facciamo tante cose.

Se accettiamo di rispondere probabilmente usciremo dalle nostre situazioni, come da sepolcri, probabilmente ancora fasciati, costretti da quei legami, quei pregiudizi, quelle idee sbagliate, quelle conoscenze limitate… che tanti ci hanno imposto, ma potremo uscire! E qualcuno ci sarà per scioglierci da tutti questi legami.

Usciremo finalmente anche dalle nostre case, da questa situazione pesante che stiamo vivendo. Ne usciremo quando Lui, il Signore, ci chiamerà. Ne ha già chiamati tanti, per essere segno e presenza del suo amore. Ne ha già chiamati tanti, a condividere la pienezza del suo amore. Chiamerà anche noi e ci sta già chiamando a vivere, ad amare. A noi il compito di sentire e ascoltare la sua chiamata. A noi il compito di rispondere.

don Maurizio