GIORNATA DELL’UNITÀ NAZIONALE

6 novembre 2016

Il Signore Gesù disse: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli» (Mt 25,31-32a).

Non riesco questa volta a essere presente alla celebrazione civile nella giornata dell’Unità Nazionale e della Forze Armate. Ho dato la disponibilità per essere accanto, nella mattina di questa domenica, ad una particolare situazione di sofferenza, fuori da Pero. Mi dispiace mancare, perché ritengo che la dimensione civile non possa essere separata alla fede.

Da quando Gesù si è fatto uomo, tutto ciò che è umano ne viene toccato; tutto: dalla nascita alla morte, dalla vita personale a quella sociale, dalla famiglia alla politica, dal mistero della crescita a quello della sofferenza, fino alla morte…

Non c’è alcuna intenzione di condizionare scelte politiche, di sovrapporci alle giuste responsabilità di ciascuno e alla loro libertà di valutare e decidere. C’è solo il desiderio di incontrare e, possibilmente, di servire, di proporre ciò che, alla luce del vangelo, permette ad ogni uomo o donna di essere più umano, più capace di rispondere a quel desiderio di felicità che il Creatore ha posto nel nostro animo.

Nella visione che Gesù ci descrive nel vangelo di oggi (Festa di Cristo Re). vengono radunati tutti i popoli davanti al Figlio dell’uomo, cioè Gesù stesso, fragile come un uomo, ma anche esperto di umanità. È, infatti, proprio nelle fragilità che emerge maggiormente l’importanza di costruire un’unità, anzi una comunione, che non annulli le differenze, ma sappia dare attenzione a ogni persona, valorizzare ogni qualità, armonizzare ogni giusto desiderio. Di fronte a tale fragilità emergerà un giudizio basato sulle opere di misericordia. Perché – come ci ha insegnato quest’anno giubilare proposto da papa Francesco – è proprio della misericordia che il mondo ha bisogno.

Mi piace questo Re che è Gesù. Mi piace perché non usa alcuna violenza, ma serve, si mette al nostro servizio. Invidio questo re perché i nostri regni hanno purtroppo ancora bisogno di Forze Armate, non possono permettersi di farne a meno. Ma così rischiamo ogni volta di diventare schiavi della violenza, di far emergere la tentazione di schiacciare l’altro, invece che incontrarlo, conoscerlo, valorizzarlo …amarlo. Vorrei che ogni forza, armata o no, possa confrontarsi con la mitezza di Gesù, l’unica che ci permette non di conquistare o difendere la terra, ma di averla in eredità (cfr Mt 5,5)

Ecco perché tengo a essere presente alle celebrazioni civili e vorrei che ogni credente ne cogliesse il valore e la potenzialità che si aprono per essere sempre di più al servizio del Regno di Dio e del mondo intero.

 don Maurizio

(presente nel “Comunchiamo” del 6 novembre 2016)