OMELIA NELLA FESTA DEI SANTI FILIPPO E GIACOMO

ALL’INIZIO DELLA FESTA PATRONALE DI CERCHIATE

L’elenco degli Apostoli é sorprendente. Non si capisce con quali criteri Gesù li abbia scelti. Sono troppo diversi tra loro. Lo stesso Vangelo e anche gli Atti degli Apostoli, ogni tanto mostrano i contrasti e le liti che spesso sorgevano tra loro. Eppure Gesù li ha chiamati a stare insieme. Solo lui poteva fare una squadra così… e tenerla unita, prima e dopo la sua morte.
Anche Filippo e Giacomo non hanno tra loro molti elementi comuni. Sono ricordati lo stesso giorno solo perché le loro reliquie sono state deposte insieme, nella chiesa dei SS. XII Apostoli a Roma nel VII secolo.
In realtà gli Apostoli hanno più elementi comuni di quanto loro stessi possano immaginare. Lo capiamo meglio guardandoli a distanza: sono tutti uomini, tutti provengono da una fede ebraica… anche se vissuta in modo differente. Probabilmente anche per questo litigano spesso.
Queste considerazioni mi fanno bene, mi permettono di guardare con maggior simpatia la nostra comunità. E mi danno speranza, perché Gesù è certamente capace di tenere insieme anche la nostra squadra, formata da tutti i fedeli di Pero e Cerchiate, da tutti noi, a cui sta a cuore questa porzione e di Chiesa.
Che cosa hanno da insegnare a noi i santi Filippo e Giacomo per stare insieme, rispettando le diversità di ciascuno?

Anzitutto i santi patroni ci insegnano il desiderio di stare con Gesù, di essere comunque suoi discepoli, di credere davvero. Dobbiamo su questo rimetterci sempre in cammino, dobbiamo maturare una fede che non ci lasci tranquilli, ma che ci stimoli a convertirci e rinnovarci costantemente. Abbiamo bisogno di scegliere sempre più Gesù perché, troppo facilmente sono le nostre visioni personali e le nostre scelte che si impongono, ma sono proprio queste che creano più contrasti. Certo, anche le proposte di Gesù ci contestano, ma lo fanno con stile amorevole di chi ci vuole far crescere e cambiare.
La strada di chi vuole costruire una comunione attorno a Gesù, invece che intorno a momenti umanamente aggregativi di festa, è più lunga e provoca anche defezioni. È più faticosa perché non può mai essere data per scontata, chiede di convertirci continuamente e di rimettere sempre ed esplicitamente Gesù davanti, per non correre il rischio di far scivolare come importanti le nostre idee. È faticosa, ma è l’unica vera strada che permette di costruire una chiesa vera.

Penso poi che i nostri patrimoni Apostoli ci insegnino una stima reciproca. Dobbiamo esercitarci a riconoscere e valorizzare le capacità di ciascuno, soprattutto degli altri, di chi pensa diversamente da noi, di chi già fa o ha fatto tanto nella nostra parrocchie, oppure di chi si affaccia ancora spaesato e con la fatica di inserirsi ed essere accettato, e anche di chi non ha alle spalle un cammino di fede e di comunità e perciò non vede immediatamente le cose come le potrebbero vedere altri… di tutti dobbiamo scoprire e valorizzare le potenzialità, stando bene attenti a non volerle inquadrare nei nostri schemi che abbiamo già in mente. Ma la stima reciproca deve riguardare soprattutto il cammino di fede che ognuno ha fatto, la scelta di seguire Gesù che ciascuno é chiamato a prendere. Si tratta di capire che le vocazioni nella chiesa sono tante, e tutte sono per servire il Signore e annunciare il Vangelo.

Infine mi sembra di poter imparare dalla vita dei nostri Apostoli una valorizzazione della vita quotidiana. Penso che dovremo valorizzare maggiormente la vita familiare, con i suoi ritmi, le sue fatiche, le sue problematiche. Dovremo entrare di più nella vita lavorativa, che vuole pervadere tutto con una arroganza impressionante, dietro la minaccia di lasciare senza lavoro, ma che ha bisogno di essere rievangelizzata. Dovremo riscoprire di più il valore del tempo libero e più ancora della festa, che rischia di diventare tempo vuoto e invece può diventare vera occasione di formazione. Dovremo anche saper condividere di più i momenti di sofferenza, di malattia, di malessere interiore, di crisi nella vita personale, familiare o lavorativa, dovremo saper entrare con infinita delicatezza in queste situazioni, per condividerle, capirle, consolarle, prima che per risolverle.

Senza voler mai giudicare o invadere tutti questi ambiti dobbiamo imparare valorizzarli, con tanto rispetto, nella logica vera di chi sa offrire a tutti un Vangelo che salva.
Questo mi insegnano gli Apostoli. Questo vorrei proporre a voi.

don Maurizio