Omelia di don Simone alla sua prima Messa tra noi

“Tutto è pronto; venite alle nozze!”

La tavola è imbandita il vino buono è stappato, tutto è pronto.
Gli sposi sono fibrillanti di condividere la loro gioia e di urlare al mondo il loro amore, il re non vede l’ora di far festa. Ma gli invitati, quelli di cui lui si fidava non danno cenno di venire! Anzi sono presi dalle loro cose, da loro fare… hanno i propri affari a cui pensare in fin dei conti! E non c’è verso, nonostante tutti gli appelli e gli escamotage, nonostante gli stia dicendo che è tutto gratis e soprattutto che tutto è pronto… serve solo venire, esserci. Ma nessuno viene alla festa!
Sono lì tutti preoccupati nel cercare di costruirsi la gioia! Perché sappiamo che la gioia sta nel fare, nel realizzarsi. La gioia è qualcosa che si deve conquistare con la fa fatica se non addirittura con la lotta!
Siamo troppo preoccupati per cercare la gioia per noi… non abbiamo tempo per una festa che non sia la nostra. Ci potrebbe mai essere gioia nel condividere la gioia di un altro?! Avrò gioia solo quando me la faccio, la produco io da me!

Ci sono cascato anche io, in questo trucco del “nemico del piano di sotto”. E non prima di entrare in seminario, ma anche durante… anche fino a circa 3 anni fa, anche io pensavo che la gioia fosse da conquistare. Come questi invitati alle nozze.
Solo dopo ho scoperto e vissuto che la gioia è qualcosa che ci viene donata, e che, come tutte le cose importanti della vita, è inaspettata e immeritata. Non ci è data per i nostri seppur grandi meriti, ma molto di più per quando siamo voluti bene così come siamo, anche nelle nostre fragilità.
C’è fatica, sì, nel gustare la gioia, ma non è la fatica di chi se la costruisce, ma è la fatica del rispondere all’invito, la fatica di rispondere a questo invito di nozze. È la fatica di lasciare che le cose della vita a volte prendano una piega inaspettata, seguano un’intuizione del cuore, un percorso nuovo. E penso che tutti noi almeno una volta, ma anche di più, abbiamo gustato questa gioia così!
E questo re, è proprio un re eccezionale, chiama tutti, ma proprio tutti, a partecipare a questa festa di nozze. Buoni e cattivi. Tanto che chiama anche idolatri, immorali, adulteri, ladri, avari, ubriaconi, calunniatori… tutti sono invitati a questa festa e tutti sono fatti nuovi da questa chiamata.
Finalmente la festa è piena… finalmente la gioia puoi essere condivisa… finalmente il re e gli sposi possono consegnare agli invitati loro gioia. La gioia è condivisa, e chissà quanti incontri, quante scelte, quante fatiche (anche) della vita avvengono li, in quella festa! La festa ha sempre quella forza di farci leggere che cosa sta avvenendo nella nostra vita. La festa, a volte, mette a nudo gelosie, incomprensioni, amori, ricordi… ma si è tutti li! Forse proprio per questo Gesù amava le feste e il mangiare assieme… perché lì, non si può stare rintanati… lì accade per forza qualcosa!

Ma ecco che si scorge un uomo, un uomo che non ha l’abito nuziale. Un uomo che penso, desiderasse non essere visto. Un uomo che era lì solo di passaggio, o peggio… era lì, ma non si sentiva parte di quella festa. Lui in fin dei conti non c’entrava.
La festa senza di lui non sarebbe stata diversa. Era convinto che la sua presenza o la sua assenza fossero ininfluenti… in fondo, non era la sua festa.
Ecco… quest’uomo viene visto… e viene visto dal re! È un re attento questo Signore… vede anche chi fa di tutto per nascondersi, per non farsi vedere, per apparire invisibile.
Il re scorge quest’uomo e facendosi largo fra gli invitati lo raggiunge e gli chiede con il tono amorevole di quel padre che raccoglie il figlio che è perduto: “Amico, come mai sei venuto qui, e sei entrato senza l’abito nuziale?”. Forse era pronto a dargli lui l’abito… forse quest’uomo avrebbe potuto esprimere il suo disagio nel partecipare ad una festa così, dove non riusciva ad avere gioia. Avrebbe potuto raccontare la sua povertà, del suo desiderio di non essere visto, del suo sentirsi “fuori dal coro”.
Ma decide di stare in silenzio, peggio, ammutolisce, decidendo di non dire niente… un silenzio mortale… uno di

questi silenzi non ricchi, ma chiusi solo su di sé… non vuole proprio che nessuno possa accedere al suo cuore, non vuole proprio che nulla cambi!
O Signore, in un giorno di festa come questo,

Aiutaci a lasciarci travolgere dalla gioia, che è la tua,
che ti rallegri per ogni figlio che ritorna a te,
E ci dai l’occasione di far festa!

Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14

In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».