SINODALITÀ

SINODALITÀ

Da un po’ di tempo nella Chiesa si parla di “sinodalità”. Qualche accenno lo abbiamo già fatto anche noi. Ritengo che debba diventare un termine più frequente tra noi credenti.

Non è facile coglierne tutto il significato e il valore, non è facile capire a che cosa si riferisca e che cosa comporti. Perciò scrivo queste righe per aiutare a capire di che cosa stiamo parlando. Lo faccio però in modo molto impreciso e nella speranza di non fare troppi errori.

In senso stretto “sinodo” significa “cammino con, insieme”. Indica la riunione, l’essere arrivati in uno stesso posto. Deriva dal greco, così come la parola “concilio” deriva dal latino e ha lo stesso significato originario. Entrambi indicano una riunione dei vescovi, ma parlando di Concilio si indica qualcosa di più solenne e importante, mentre il Sinodo è uno strumento a disposizione del Papa per guidare la chiesa e per riflettere su una determinata questione della Chiesa, della fede o della pastorale. Il prossimo Sinodo dei vescovi, che si concluderà nell’ottobre 2023, affronta la questione della “sinodalità”: è un tema più ampio, molto più ampio del Sinodo dei vescovi e ci tocca tutti, come credenti che vogliono vivere nella Chiesa. Papa Francesco vuole che i suoi Sinodi siano preparati in tutte le chiese del mondo per convergere nel Sinodo finale. Così è stato per la famiglia, prima, e per i giovani, poi. Ora Papa Francesco chiede a tutte le chiese di riflettere e portare esperienze di sinodalità.

Non penso di sbagliare se dico che che la sinodalità è un modo di vivere nella Chiesa. È uno stile al quale ci invita già da quasi sessant’anni il Concilio Ecumenico Vaticano II. Noi ci siamo abituati (diciamo dal Concilio di Trento nel 1500 e poi ancora con il Concilio Vaticano I nel 1870) a pensare la Chiesa in modo verticistico: il Papa sopra i vescovi, questi sopra i preti e i preti sopra i laici (lo so, è detto in modo molto rozzo). Il Concilio Vaticano II invece parla di Chiesa formata anzitutto dai laici, dove si distinguono le diverse vocazioni e i vari ministeri (tra i quali ci sono anche quelli di chi ha ricevuto il sacramento dell’Ordine).

Il problema è che non è facile come può sembrare superare il modello verticistico. Così ci accorgiamo che ai preti piace comandare (!!!), tanto che comandano anche su cose di cui non sono competenti; ai laici fa comodo obbedire. I primi insegnano e gli altri possono solo imparare; solo a volte i laici hanno spazi per dire la loro e non sempre li sfruttano adeguatamente. Il tutto in un mondo dove ci siamo abituati alla democrazia, che è una cosa ben diversa dalla sinodalità, ma che – come la sinodalità – chiede un’educazione e un’istruzione adeguate.

La sinodalità vorrebbe essere il modo con cui vivere oggi l’essere cristiani. Indicherebbe una Chiesa dove ciascuno collabora con altri, rispettando e valorizzando le qualità e le competenze di ciascuno. Allude a una Comunità dove ciascuno si sente responsabile degli altri e del Vangelo da annunciare e vivere, una Comunità dove ognuno offre la propria ricchezza e si mette al servizio delle esigenze di tutti. Questa è una Comunità che “cammina insieme”, che si confronta, litiga, sperimenta il perdono, riparte; è una Comunità che si apre a ogni uomo o donna, al mondo intero.

Per vivere una vera sinodalità occorre anzitutto una conversione del cuore, che solo il Vangelo e lo Spirito Santo rendono possibile. Chiede un’intelligenza nuova e uno sguardo nuovo sulla realtà, capaci di superare tutti gli stereotipi e i pregiudizi. Chiede relazioni nuove, modi nuovi di stare insieme. Potrà portarci a ridisegnare persino le strutture e l’organizzazione della Chiesa.

Tutto ciò non può certo avvenire in due anni. Ci vorranno decenni, generazioni… È un cammino lungo e da fare insieme, un cammino che chiede pazienza, da percorrere imparando ad aspettarci e stimolandoci reciprocamente.

Proprio perché è un cammino lungo, non dobbiamo impigrirci: facciamo subito i passi possibili!

Nella nostra diocesi il cammino sinodale in preparazione del sinodo dei vescovi si svolge attraversi i cosiddetti “gruppi Barnaba”. Ne sono stati costituiti uno per decanato. Sono formati da poche persone (5 o 6) che vengono da esperienze anche professionali diverse. Il compito dei gruppi Barnaba è ancora da precisare bene. Probabilmente dovranno aiutarci a capire come vivere il Vangelo oggi, nel nostro mondo, nelle nostre realtà lavorative, sociali culturali, sanitarie… insomma, nei vari ambiti della nostra vita.

Il nostro Consiglio pastorale incontrerà il nostro gruppo Barnaba il prossimo 4 marzo. Sarà anche questa un’occasione per avviare qualche passo insieme.

don Maurizio.