OMELIE per le DOMENICHE d’AVVENTO 2019

17 novembre 2019 – I domenica di AVVENTO: ASPETTATIVE E SPERANZE

LetturaIsaia 51, 4-8I cieli si dissolveranno, ma la mia salvezza durerà per sempre.
SalmoSalmo 49, 1-6Rit. Viene il nostro Dio, viene e si manifesta.
Epistola2Tessalonicesi 2, 1-14Prima dovrà essere rivelato il figlio della perdizione, che il Signore Gesù distruggerà col soffio della sua bocca.
Canto Ver. Iddio verrà e si farà vedere; il nostro Dio non tarderà a venire.
VangeloMatteo 24, 1-31Vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo.

Il mondo ci sfugge. Abbiamo mille aspettative, ma non riusciamo ad andare oltre qualche piccolo progetto. Vorremo avere tutto sotto controllo, ma la realtà è più grande di noi. E prima o poi tutto ci può crollare addosso.

Ma la Speranza, quella con la “S” maiuscola, non appiattita sulle nostre piccole speranze che sono solo aspettative, la Speranza è tutta un’alta cosa. È un dono di Dio, è conseguenza della venuta del Signore, è collegata con la fede vera e profonda, è riservata a chi a Lui si affida. La Speranza ci apre a qualcosa di più grande di noi, supera i nostri calcoli e irrompe persino oltre la morte. La Speranza è, infatti, per una vita eterna.

Mi è capitata sotto gli occhi una famosa frase di Mao Tse-tung: “Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione, quindi, è eccellente”. Come un godimento del fatto che le cose vadano male e si diffonda la confusione e il malessere, un cercare di trarre giovamento da situazioni di malessere. L’ho collegata a quell’intercettazione telefonica di qualche anno fa, quando un imprenditore gioiva di un terremoto immaginando i possibili guadagni che ne sarebbero derivati.

Penso al fatto che tanti auspicavano lo scoppio di quella che sarebbe stata la prima guerra mondiale, immaginando che avrebbe permesso una specie di purificazione dell’uomo, facendone scaturire la sua forza e la sua eroicità! Cento anni fa, terminata quella guerra, si sono accorti che era davvero stata una inutile strage (come aveva detto papa Benedetto XV).

Ho anche sentito casualmente che alcuni studi dimostrerebbero che nella storia i cambiamenti sono avvenuti solo grazie a guerre, rivoluzioni ed epidemie: tutto il resto non cambia nulla. Non so se sia vero, ma io non voglio auspicare nulla di tutto questo.

Mi hanno fatto notare che molti dittatori, del passato e presenti (e la cosa può essere allargata a tanti uomini di potere) godono del sostegno di gran parte del popolo da loro governato (e oppresso): sono tutti abbagliati dalla possibilità di vedere il loro popolo rivalersi e primeggiare sugli altri. Un po’ come vedere trionfare la squadra per la quale tifiamo, a noi non ne deriva alcun guadagno, ma almeno in questo caso non ci sono troppe conseguenze negative, nel caso del dittatore invece sì.

Probabilmente ancora oggi c’è chi pensa che è meglio affrontare periodo dolorosi, pur di cambiare qualcosa. Anche tra noi a volte viene da dire che occorrono le maniere forti, che “quando ci vuole ci vuole” che è meglio buttare tutto all’aria, essere inflessibili con chi sbaglia, imporre un ordine precostituito, purché sia ordine… e alla stessa stregua si pensa che in certi casi sia doveroso eseguire qualche rappresaglia (punendo gli innocenti) e compiere attentati terroristici.

La pensavano così anche i discepoli di Gesù: quando lui fa notare che il bel tempio sarà distrutto loro pensano subito alla rivoluzione che caccerà via i Romani e loro diventeranno un popolo potente, illudendosi che quello possa essere il destino del popolo di Dio. Sono tutt’altro che spaventati da quanto Gesù ha detto e non vedono l’ora che arrivi e domandano quando accadranno quelle cose. Ma Gesù risponde facendo notare come gli anni che arriveranno saranno invece un insieme di sofferenze e basta!

Ma c’è una novità che Gesù indica: l’annuncio del Regno. In questo annuncio c’è l’unica vera possibilità di salvezza per un mondo che scivola nella confusione, nel dolore, nella distruzione. In questo annuncio scaturisci la virtù della Speranza.

La Speranza di cui parla Gesù non è da confondere con le aspettative di chi magari cerca di cavar fuori qualcosa di buono o di utile da situazioni caotiche o tragiche. Non è il colpo di fortuna che rimette tutto a posto.

Non è neppure il pur necessario impegno a costruire con perseveranze qualcosa di buono, anche se piccolo, un passo dopo l’altro: anche Gesù dice che dobbiamo perseverare…

Ma la Speranza è la consapevolezza che il Signore in questa storia e in queste vicende c’è!

La Speranza è possibile solo a chi ha uno sguardo ampio, che cerca di superare ogni visione o interesse di parte per allargarsi a tutta l’umanità. Uno sguardo capace di varcare i tempi: che contempla la storia come maestra di vita e travalica persino il corso della nostra vita personale per raggiungere le generazioni future. Ma non si ferma qui, perché lo sguardo che Dio ci apre è uno sguardo su una vita eterna che ci è già donata e che vivremo pienamente per sua grazia.

Come ci spiega l’Arcivescovo Mario, a differenza delle aspettative, che si distendono su qualcosa di controllabile e programmabile, la Speranza ci apre all’azione di Dio, oltre le nostre capacità e misure. La Speranza ci apre a qualcosa di più grande di noi, supera i nostri calcoli e irrompe persino oltre la morte.

Credo che questa Speranza ci suggerisca subito alcuni impegni o stili, che non sono necessari per la salvezza, ma ci aiutano a riconoscerla e attenderla con Speranza. Ne suggerisco tre.

Anzitutto la preghiera costante personale e comunitaria. Direi che tutto deve diventare occasione di preghiera costante, perché tutto deve essere posto sotto lo sguardo di Dio, che poi è lo sguardo eterno, uno sguardo che non si lascia rinchiudere nelle logiche del momento, ma le allarga alle dimensioni di Dio. Dobbiamo chiedere a Gesù di venire, di essere presente tra noi, come ha fatto quando è nato a Betlemme, come farà alla fine dei tempi e come fa ancora oggi nella sua parola e nei sacramenti che lui stesso ci ha lasciato.

Poi la condivisione del sofferente. È necessario farci vicini a chiunque soffre, è oppresso, si ritrova fragile e povero. Probabilmente non cambieremo la situazione, non la risolveremo, ma avremo annunciato una speranza. Non è facile accostare chi soffre: ci chiede di accettare anche le nostre sofferenze e trasformarle in occasione di incontro, ma la sofferenza è affrontabile solo se condivisa, perciò Gesù si è fatto uomo fino alla croce!

Infine l’annuncio di Gesù. Dobbiamo parlare di Gesù, raccontare di Lui e di come anche noi lo incontriamo, di come ci parla e ci guida. Anche questo non è facile perché ci chiede di adeguarci sempre al suo sguardo, al suo modo di pensare e valutare.

E permettetemi di concludere con le parole di questa preghiera che abbiamo posto davanti all’altare perché sia preghiera di tutti

Don Maurizio

Preghiera
Vieni, Signore Gesù,
in questo mondo
rovinato da fragilità,
conflitti e peccato.
Vieni! Apri alla Speranza
che varca ogni limite,
e ci conduce
al tuo regno d’amore.

24 novembre 2019 – II domenica di AVVENTO: PROPORZIONI E SPROPORZIONE

LetturaBaruc 4, 36 – 5, 9Sorgi, Gerusalemme, vedi i tuoi figli riuniti da Occidente a Oriente 
SalmoSalmo 99, 2-5Rit. Popoli tutti, acclamate il Signore.
EpistolaRomani 15, 1-13Cristo si è fatto servitore dei circoncisi per compiere le promesse dei padri;  le nazioni pagane invece glorificano Dio per la sua misericordia.
CantoLuca 3, 4.6Ver. Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
VangeloLuca 3, 1-18Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio.

Spesso perdiamo il senso delle proporzioni, le stesse informazioni ci ingannano non perché sono false, ma perché sproporzionate. C’è una misura in tutte le cose che è importante e doveroso conoscere. Dobbiamo avere le proporzioni del mondo stesso, amplissime, perché la salvezza che Gesù porta è per tutti, è universale.

Ma i figli del Regno sono chiamati a vivere nella sproporzione di Dio, l’unica che dà le giuste proporzioni alla realtà in cui viviamo. Solo così possiamo essere veramente “cattolici” (=universali) e capire che la salvezza è davvero per tutti gli uomini.

La pagina di Vangelo inizia con uno sguardo sulla situazione mondiale del tempo. In realtà si tratta solo uno sguardo sull’impero Romano. Nulla si dice delle Indie, della Cina, della Russia e tanto meno delle Americhe. Il mondo è grande, ma Giovanni il Battista se la prende con le folle che vanno da lui su un fiume che costeggia un territorio tutto sommati ridotto: e gli altri? Sembra che ci sia in gioco qualcosa di grande, ma alla domanda su che cosa fare la risposta del Battista è semplice: “Condividete quanto avete e siate rispettosi”. Tutto qui? Piccole cose!

C’è una sproporzione tra il mondo e le parole del Battista. Così come c’è una sproporzione tra la realtà e quello che Gesù dice. Non cambiano nulla!

Anche noi viviamo dentro queste sproporzioni.

Faccio alcuni esempi.

La sproporzione del mondo. Il mondo è più grande di quanto noi possiamo immaginare. Anche nell’epoca della globalizzazione e delle comunicazioni mondiali, è sempre di più quello che ci sfugge. Non possiamo avere tutto sotto controllo. Per quanto possiamo essere informati, per quanto possiamo studiare, il mondo è sempre “di più”. Nessun uomo, mai, potrà conquistare il mondo!

Troppo forte è la tentazione di lasciare il mondo a se stesso e rinchiuderci nel nostri piccoli interessi o progetti. Tanti fanno così! Ma se pensiamo di poter agire in questo mondo costruendo qualcosa di buono (un po’ di benessere, la pace, o un maggior amore…) ci rendiamo subito conto che qualunque cosa facciamo, anche se ci spendiamo al massimo, non basterà mai!

La sproporzione della sofferenza.  Il dolore è troppo grande! Troppa gente soffre e se anche fosse una sola persona che soffre, sarebbe già troppo. Le malattie, i disastri naturali, le inadempienze dovute a pigrizia o disattenzione, le ingiustizie sociali, i soprusi… sono sempre troppi. Non riusciremo mai a riparare tanto dolore e tanta sofferenza. Non riusciamo neppure a stare vicino a chi soffre, non adeguatamente, ci tocca lasciarlo solo.

Troppo forte è la tentazione di voltare la faccia e fuggire di fronte al dolore, almeno finché tocca agli altri e riusciamo a farlo. Tanti fanno così! Ma se anche ci impegniamo a farci prossimi a chi soffre, se ci spendiamo per portare un po’ di consolazione, ci accorgiamo subito che non basta. Non saremo mai abbastanza solidali con il dolore, tanto meno sapremo alleviarlo!

La sproporzione del peccato. Noi non sappiamo bene che cosa sia il peccato, quale orrore porti tra noi. Non ce accorgiamo più! Sappiamo, o intuiamo, che siamo fatti per amare ed essere amati, soprattutto per vivere dell’amore di Dio. Ma questo amore, per chissà quale misterioso motivo, ci sfugge: noi lo rifiutiamo, ci rinchiudiamo in noi stessi, pensiamo sia opportuno seguire calcoli e strategie diverse dall’amore. Non ci rendiamo neppure conto di quanto gravi siano le conseguenze del peccato.

Troppo forte è la tentazione di adagiarci alo stile di tutti, con la scusa che tanti fanno così. E se pensiamo di poter mettere le cose a posto con un po’ di amore disinteressato, ci rendiamo presto conto che è impossibile. Noi non siamo più capaci di evitare il peccato, noi siamo irrimediabilmente peccatori. Il peccato appare destinato a vincere!

Gli esempi potrebbe continuare. La Parola di Dio ascoltata oggi ha però il potere di riaccendere la Speranza (lo dice anche Paolo, nell’epistola “In virtù della perseveranza e della consolazione che vengono dalle Scritture, teniamo viva la Speranza”.

Il Dio di Gesù Cristo ha le proporzioni giuste, infinite, per avvolgere il mondo intero con le sue sofferenze e il suo peccato. Con lui tutto riprende valore. Ogni cosa si riproporziona e appare nel suo giusto valore. Il mondo è l’infinito spazio in cui portare l’amore di Dio e annunciarlo. La sofferenza è la conseguenza di tanto male presente nel mondo, ma anche occasione per esprimere il nostro desiderio di amare sempre e comunque. Il peccato è luogo di perdono in cui si manifesta l’irresistibile forza di Dio!

Le piccole cose che noi possiamo fare, sono importanti. Non cambieranno mai il mondo e tanto meno lo salveranno, ma sono un segno, dicono esprimono che la salvezza viene da Dio, dal Dio di Gesù. E noi, figli del Regno, siamo chiamati a prendere il nostro posto, a vivere la nostra vocazione, per dire a ciascun uomo e ciascuna donna che vale, anche se piccolo o piccola, anche se inadeguata a questa realtà così grande, ma non grande come l’amore di Dio!

Il modo per “riproporzionarci” nelle misure di Dio è quello della preghiera, L’Avvento è il tempo in cui ridare spazio alla preghiera. In questo spazio ogni cosa riprende, alla luce di Dio il suo valore. Raccogliamo perciò tutte le occasioni di preghiera che ci vengo date e offerte già nella nostra comunità. Per esempio, questo giovedì sera siamo invitati a vivere un’adorazione silenziosa con la possibilità di vivere il Sacramento del perdono.

Preghiera
Vieni, Signore Gesù!
Sei misura d’ogni cosa.
Con te tutto ritrova
il suo giusto valore.
Vieni! Apri alla Speranza.
Allarga il nostro sguardo
all’infinito, all’eterno
e vi risplenda il tuo nome.

1 dicembre 2019 – III domenica di AVVENTO: DUBBI E PROMESSA

LetturaIsaia 35, 1-10Ecco, il vostro Dio viene a salvarvi.
SalmoSalmo 84, 8[R]. 9-14Rit. Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.
EpistolaRomani 11, 25-36I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili.
CantoCfr. Matteo 11, 13-14Ver. La Legge e i Profeti hanno profetato fino a Giovanni; è lui l’Elia che deve venire.
VangeloMatteo 11, 2-15Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete.

Viviamo nelle incertezze. Il dubbio ci prende facilmente, troppe volte abbiamo dato fiducia a persone che poi ci hanno deluso, e anche noi tante vote abbiamo tradito la fiducia riposta in noi. Il dubbio ci permette di cercare sempre la verità senza fermarci alla prima impressione. Ma la vita ha bisogno anche di certezze: di una fede. La fede nel Dio della Bibbia si basa su una promessa (quella fatta da Abramo) e sulle profezie che si compiono in Gesù. In Gesù le promesse si compiono e si rilanciano. Noi abbiamo la certezza di Gesù per ripartire.

Viviamo di promesse.
Non sono solo i politici o la pubblicità a promettere,
tutti noi viviamo di promesse.
Ogni impegno che ci prendiamo,
ogni responsabilità che ci assumiamo è una promessa.
Senza promesse la vita ristagna,
si ferma, non progredisce,
non è più vita.

Anche Dio promette,
La storia della salvezza parte da una promessa,
quella fatta ad Abramo.
La promessa di Dio
dà inizio alla storia della salvezza,
mette in cammino.
La sua promessa si rinnova
e si perfeziona continuamente.

Ma le promesse tante volte non si compiono,
soprattutto le promesse degli uomini.
Le promesse tante volte non si compiono,
non come ci aspetteremmo.
Gli imprevisti sono tanti.
Tante volte ci troviamo a promettere
qualcosa di più grande di noi:
che ne sappiamo del futuro?
Ogni promessa comporta un dubbio,
spesso più di uno,
almeno per capire.
La realtà è sempre diversa
da come c’è la saremmo aspettata.
I dubbi sono necessari,
ci spingono a capire,
allargano lo sguardo.
Ma i dubbi possono anche distruggere,
bloccare le promesse,
far perdere ogni fiducia,
uccidere la speranza.
Non viviamo di soli dubbi.
Occorre qualche certezza,
occorre fede e occorre sperare.

Prendiamo, per esempio, Giovanni il Battista,
questo profeta di cui Gesù, nel vangelo di oggi
fa un elogio spropositato.
Si era fatto profeta, portatore della promessa di Dio.
Aveva promesso una punizione
per quelli che lui chiama razza di vipere.
Il messia li avrebbe distrutti, bruciati.
Si è impegnato pienamente in questo,
ha pagato con la prigione
e presto pagherà con la sua vita.
Sperava che il messia lo avrebbe liberato
e avrebbe in qualche modo imposto il Regno di Dio.
Ma quando dal carcere ha sentito le voci
su questo Gesù
che faceva miracoli e parlava in parabole
è stato preso dai dubbi:
era davvero lui il Messia?
Ha mandato a chiederlo
e Gesù ha risposto
mostrando una realtà nuova,
fatta non di punizioni di distruzioni,
ma di ciechi che vedono, sordi che odono,
malati che guariscono,
morti che risuscitano,
poveri a cui e annunciato il Regno di Dio…
Anche i poveri ricevono promesse,
anche gli ultimi sono rimessi in cammino!

Dio è più grande delle nostre promesse,
le sue promesse superano le nostre aspettative,
e ci rimettono in cammino.
Tutti nostri limiti
(sordità, cecità, malattia,
ma anche i nostri difetti e i peccati…)
non ci frenano più
perché abbiamo la Speranza
di un Dio che compie quanto noi iniziamo.

Le promesse sono tante
I dubbi ci assalgono,
ma c’è una certezza nella nostra vita:
Dio non ci lascerà mai
Parte da qui la nostra speranza
riparte da qui la nostra vita.
Le promesse di Dio
non sono come le nostre:
non sono fatte per sedurci e conquistarci.
Ma ci lanciano nella vita.

Le promesse di Dio superano le nostre aspettative
rinnovano la nostra vita.
Possiamo anche dubitare,
ma di quel dubbio che ci permetta di sceglierlo con più convinzione e forza,
per seguirlo fino in fondo.

Preghiera
Vieni, Signore Gesù!
Di te solo noi ci fidiamo:
sei unica certezza
in un mondo di dubbi.
Vieni! Apri alla Speranza.
La tua promessa ci rinnova
e il tuo Regno d’amore
già si compie tra noi.

8 dicembre 2019 – IV domenica di AVVENTO: VUOTI E PRESENZA

LetturaIsaia 40, 1-11Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene.
SalmoSalmo 71, 1-2. 7-8. 17Rit. Vieni, Signore, Re di giustizia e di pace.
EpistolaEbrei 10, 5-9aEcco, io vengo a fare la tua volontà.
CantoMatteo 21, 9Ver. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna al Figlio di Davide.
VangeloMatteo 21, 1-9Ecco, il tuo re viene a te.

Sono tanti i vuoti nella vita, tante le cose che ci mancano. Il vuoto più pesante è la solitudine. Il mondo è pieno di mancanze. Per certi aspetti anche l’avvento del cristianesimo non ha cambiato molto: il peccato rimane. Ma, da quando Gesù si è fatto uomo, nel vuoto di questo mondo è presente il Regno di Dio: uno stile nuovo, che trasforma tutto. È presente come seme, molti non se accorgono neppure, ma se manca, si sente. Il mondo ha bisogno di Gesù, del suo regno e del Vangelo.

Parliamo di vuoti. Vi siete mai sentito un vuoto dentro? Avete mia avuto quella percezione che manca qualcosa, qualcosa di importante, di indispensabile?

Forse l’esempio più banale è quello di quando siamo sott’acqua e non riusciamo a respirare perché manca l’aria. O di quando abbiamo molta fame o sete e nulla da mettere in bocca.

In negativo, per spiegare il vuoto, potrei parlare della crisi di astinenza da parte di chi è dipendente da qualche sostanza, oppure – più semplicemente – di quando abbiamo voglia di qualcosa che non c’è.

Ci sono altri vuoti, meno fisici, ma non meno importanti. Per esempio possiamo parlare di nostalgia, quando avvertiamo la mancanza di un’esperienza vissuta in passato.

Tutti i desideri nascono da vuoti che abbiamo dentro e dicono che noi siamo fatti per una pienezza.

Qualche antropologo ha definito l’uomo un “animale difettoso”, uno a cui manca sempre qualcosa e, nel tentativo di raggiungerla, si crea un progresso che permette all’umanità di crescere.

Io vuoti veri non sono solo quelli di beni materiali, c’è un vuoto di affetti e di spiritualità che caratterizza in modo diverso ogni situazione di vita umana.

Un particolare vuoto è quello che chiamiamo “lutto”. Molti qui lo hanno provato e lo provano ancora. Le persone care che non ci sono più creano un vuoto che non vogliamo affatto colmare cercando alternative: perché quel vuoto che proviamo dice il valore e l’importanza della persona cara che non c’è più.

Vorrei però attirare l’attenzione sul vuoto di Dio. Lo abbiamo mai provato?

Dio manca, tante volte. O perché lo teniamo ben lontano dalla nostra vita oppure perché lui stesso sembra starci lontano e non interferire nelle vicende, anche quando invece noi vorremmo che agisse.

In senso più immediato ci mancano i suoi interventi risolutori. Ci manca quel Dio che interviene e mette tutto a posto riparando alle imperfezioni tipiche di noi umani, o ai guai e ai disastri che noi combiniamo. In altre parole ci manca il “Dio dei miracoli”, lo chiamano anche il “Deus ex machina”. Ma l’uomo che si crede moderno sente sempre meno il bisogno di questo Dio, preferisce far affidamento su di sé, non senza una certa arroganza. A dire il vero il Dio di Gesù è ben lontano dall’essere un Dio così. Il vero Dio non sembra intenzionato a intervenire per riparare ai nostri limiti. A Dio non interessa che si realizzino i nostri progetti, non è a nostra disposizione…

C’è un altro modo di intendere il vuoto di Dio. Dio non manca tanto per quello che dovrebbe fare, ma per il senso che sa dare ogni cosa. La distanza da Dio rende tutto relativo e alla fine toglie ogni valore e tutto. Tutto diventa a misura d’uomo, non c’è più nulla di assoluto e ogni cosa si impone come la più importante creando conflitti. Solo alla luce di Dio ogni cosa acquista il suo vero valore, solo in relazione a Lui riusciamo ad apprezzare ogni esperienza senza assolutizzarla e diventarne schiavi. Ecco perché Dio ci manca, quando perdiamo il rapporto con lui

Ma la Parola di Dio oggi ci suggerisce un altro motivo per cui Dio ci manca…

C’è un tema comune alle letture: il Signore viene!

Isaia canta il ritorno di Dio che consola il popolo esiliato e se ne prende cura. È una pagina bellissima!

La lettera agli Ebrei spiega che il vero Dio non è quello che pretende i nostri sacrifici, ma è colui che viene, colui che in Gesù si è reso vicino a noi.

Nel Vangelo Gesù entra in Gerusalemme. La folla lo acclama, forse si aspetta da lui miracoli, ma egli non farà nulla, anzi verrà ucciso, in croce. E tuttavia viene, entra nella nostra città, tra le nostre case, sta in mezzo a noi, condivide la nostra vita, le fatiche, i dolori, fino alla morte.

Non viene dunque per fare miracoli, anche se la sua presenza saprà ispirare interventi forti e importanti, capaci di incidere nella storia. Non viene neppure per spiegarci il senso della vita, anche se Lui ci offre un senso nuovo e più grande di ciò che siamo. Il Signore viene e per restare con noi e la sua presenza si manifesta come una presenza d’amore: come un dono, perché in Gesù Dio stesso si dona totalmente a noi, come un’accoglienza, perché scopriamo che è bello stare accanto a Lui. Tutto riparte quando Lui c’è. E se noi ci allontaniamo, allora ci manca, e tutto si vuota.

Preghiera
Vieni, Signore Gesù!
Entra nella nostra vita.
Senza te tutto si svuota.
Il mondo ha bisogno di te!
Vieni! Apri alla Speranza.
Tu sei presenza d’amore:
colma i nostri giorni
d’amore, di pace e giustizia.

15 dicembre 2019 – V domenica di AVVENTO: LIMITI E APPARTENENZA

LetturaMichea 5, 1; Malachia 3, 1-5a. 6-7bE tu Betlemme di Efrata! Manderò il mio messaggero a preparare la via.
SalmoSalmo 145, 6c-10Rit. Vieni, Signore, a salvarci.
EpistolaGalati 3, 23-28La Legge è un pedagogo che ci ha condotti a Cristo.              
CantoCfr. Luca 3, 4bVer. Ecco la voce di colui che grida nel deserto: preparate la via del Signore.
VangeloGiovanni 1, 6-8. 15-18Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.

Siamo pieni di difetti, di limiti, di peccati. Ognuno ha i suoi. Lo siamo come uomini e come cristiani. Tutta la Chiesa è piena di difetti, è peccatrice. Ma Dio (grazie a Gesù) vede bella la Chiesa di Gesù, vede la nostra bellezza e ci apprezza. Noi siamo suoi, apparteniamo a lui e in lui emerge il nostro valore, la nostra bellezza. Siamo come la sposa per il suo sposo, e lo sposo (cioè Gesù) esalta la bellezza della sua sposa. Anche per questo abbiamo bisogno di Gesù.

All’inizio della lettura che abbiamo ascoltato, il profeta Michea pronuncia un elogio della piccolezza. Lo dice a proposito dell’allora piccolo villaggio di Betlemme dove era nato il re Davide e dove, some sappiamo, sarebbe nato Gesù. L’elogio della piccolezza è ricorrente nella Bibbia e offre molte riflessioni per aiutarci a capire il mistero di Dio e dell’umanità.

Parlando di piccoli possiamo indicare sia le cose o le situazioni, sia le persone.

Piccole sono le cose banali, quotidiane, possono essere inutili oppure dare un loro prezioso, per quanto piccolo, contributo.

Piccole possono sono i bambini. Piccole le persone che non contano molto agli occhi degli uomini. Piccoli sono i poveri, quelli che non hanno molto da offrire. Piccoli sono coloro che sanno di dover dipendere da altri.

Piccoli sono le persone limitate, che non hanno gradi capacità umane.

Piccolo è inadeguato alla situazione in cui vive.

Piccoli sono coloro che hanno difetti …cioè tutti.

Piccoli sono i peccatori, soprattutto quando si accorgono di aver rifiutato l’amore di Dio.

Esiste una piccolezza evangelica e una piccineria che invece allontana dallo spirito del Vangelo.

I piccoli sono facilmente usati, sfruttati e manipolati da altri, i piccoli sono oggetto della prepotenza umana e vittime facili del male.

La Parola di Dio oggi insiste sulla necessità di superare il peccato e la piccineria. Il profeta Malachia (è lui che continua la profezia di Michea nella lettura prima ascoltata) parla di un “messaggero” che purificherà e bricerà tutti i nostri limiti.

L’apostolo Paolo ricorda che la Legge di Mosè fa emergere i nostri limiti per condurci all’incontro con il Signore. Lui paragona questa Legge (possiamo pensare ai dieci comandamenti) a coloro che accompagnavano i bambini dai maestri: li chiamavano “pedagoghi”. Insomma siamo piccoli, ma dobbiamo crescere.

Nel vangelo Giovanni Battista dà la sua testimonianza a Gesù, l’unico che ci rivela Dio. Giovani è certamente un grande, ma la sua grandezza sa valorizzare ogni piccolezza.

Il Vangelo e san Paolo ci fanno capire che con Gesù, lo sguardo di Dio avvolge le nostre piccolezze, le nostre piccinerie, i nostri limiti e i nostri peccati.

Lo sguardo di Dio va in profondità.

Egli accoglie anche le nostre povertà e incapacità perché vede il bello che c’è in ciascuno di noi, coglie le possibilità di amore che ciascuno può spigionare, ci chiama a crescere davvero tirando fuori il meglio di noi stessi e traducendolo in amore.

Come una mamma che sa bene i punti deboli dei suoi figli, ma li ama e li stimola. Come due sposi, che si amano pur conoscendo e affrontando i difetti e i limiti dell’altro. Come due amici, che camminano insieme, pur litigando su tante questioni.

E nessuno approfitta delle fragilità degli altri, nessuno sfrutta o piega gli altri a proprio volere, ma rispetta la libertà di ciascuno.

Oggi sappiamo che solo appartenendo a Gesù, affidandogli la nostra vita, potremo veramente essere liberi di amare e vivere, liberi da tutti nostri limiti e peccati.

Questa è la Speranza a cui il vangelo ci apre

Oggi siamo tutti stimolati da Gesù ad avere lo stesso sguardo d’amore su tutti i piccoli che incontriamo. A rispettarli nella loro libertà, a cogliere la ricchezza che ciascuno nasconde e può sprigionare, ad accompagnarli perché possano con noi giungere a Gesù e imparare da Lui il vero amore. Insieme potremo appartenere al Signore.

Ecco la nostra speranza.

Preghiera
Vieni, Signore Gesù!
Senza te noi siamo perduti,
bloccati nei nostri difetti,
oppressi dai nostri peccati.
Vieni! Apri alla Speranza.
Con te possiamo cambiare,
con te risplende sempre
la nostra bellezza più vera.

22 dicembre 2019 – VI domenica di AVVENTO: PICCINERIE E FECONDITÀ

LetturaIsaia 62, 10-63, 3bDite alla figlia di Sion: ecco, arriva il tuo Salvatore.
SalmoSalmo 71, 3-4. 6-7b. 17b-19Rit. Rallegrati, popolo santo; viene il tuo Salvatore.
EpistolaFilippesi 4, 4-9Rallegratevi, il Signore è vicino.
CantoLuca 1, 38Ver. Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola.
VangeloLuca 1, 26-38aEcco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.

Ci perdiamo facilmente in un bicchier d’acqua, ingigantiamo le cose (come abbiamo detto a proposito delle proporzioni), ci affanniamo e ce la prendiamo per tante piccinerie, dimenticando la grandezza cui siamo chiamati. Maria mostra il valore del piccolo: nella piccolezza, ha scoperto che Dio ha fatto grandi cose in lei. Così Maria è diventata feconda, ha generato niente meno che il Salvatore. Anche per mezzo nostro possono nascere tante novità e soprattutto può manifestarsi la presenza stessa di Dio nel mondo: anche per noi è possibile una vera fecondità.

La vergine Maria è oggi una presenza particolarmente viva tra noi. Lei per prima stimola la nostra Speranza.

Con lei accanto possiamo rileggere la nostra vita quotidiana, i nostri impegni, i problemi e le difficoltà alla luce della Parola di Dio.

Spesso la vita ci schiaccia, ci perdiamo nelle nostre cose e non ci accorgiamo che il mondo è più grande. Ma non è solo il mondo a essere grande: è prima ancora Dio e il suo regno che sono infiniti. Il suo amore ci avvolge e raggiunge proprio noi, ciascuno di noi, entra nella nostra vita, nei nostri problemi, accende una luce nuova, apre prospettive, dona Speranza!

Questo ci insegna Maria, questo ci mostra la Parola di Dio.

Mi sembra che oggi Maria e la liturgia tutta ci spingano a paragonare il miracolo che l’amore di Dio può compiere nella nostra al mistero di una vita che si forma nel grembo di una donna.

È meraviglioso ciò che si sprigiona quando inizia una vita umana. Nel piccolo prende forma qualcosa di immenso, nell’attimo si sprigiona un’eternità, in una briciola del nostro amore si innesta l’infinito amore di Dio!

Quanto Maria ha vissuto vale per ogni coppia che concepisce un figlio, ma in Maria c’è qualcosa di unico e irripetibile: quel figlio è Dio!

Mi sembra di poter dire che il mistero della fecondità di Maria si può rinnovare in noi. L’amore di Dio può ancora sprigionare in noi tanta vita e dalla nostra piccolezza può nascere ancora l’infinito.

Mi spiego meglio con alcuni esempi, potrei chiamarli “esempi di fecondità”.

La fecondità della presenza.

Parlo di una presenza discreta e attenta, vigilante, accanto a una persona o a un gruppo a cui vogliamo bene. È la presenza di chi vigila, ascolta, osserva, non critica, riflette, interpreta. Fondamentalmente è una presenza silenziosa, spesso è nascosta, certamente non è invadente. È una presenza che rassicura perché può intervenire qualora ce ne fosse bisogno. Una presenza così permette di superare le paure che ci bloccano, di fare scelte, di decidere della propria vita, genera vita apre all’infinito. Proviamo a offrire anche noi la nostra presenza feconda. È piccola cosa, ma particolarmente impegnativa. Proviamo!

La fecondità del sorriso.

Intendo sorriso come manifestazione sincera della gioia che proviamo. Sulla gioia insiste molto la parola di Dio oggi, anche Maria è stata invitata a rallegrarsi nel saluto dell’angelo.

La gioia che si manifesta nel sorriso nasce dalla consapevolezza che c’è qualcosa di una pienezza che ci attende: è un anticipo della felicità compiuta.

Un sorriso che nasce dal cuore trasmette fiducia, aiuta a dare la giusta proporzione ai problemi, permette di non soccombere di fronte ai fallimenti.

C’è chi ha il sorriso facile – per carattere – e chi invece fa fatica a sorridere e in certi momenti non ne abbiamo voglia. Ma proprio il pensiero dell’amore di Dio (che può nascere per esempio da un’esperienza di preghiera) po’ riaccendere il nostro sorriso e far ripartire la vita. Proviamo a sorridere. È un piccolo sforzo, a volte difficile, ma sprigiona la vita. Proviamo!

La fecondità della parola buona.

Sprechiamo tante parole oggi, spesso vuote, lo sappiamo. Ma penso che molti abbiano provato a ricevere una parola buona al momento giusto. L’angelo ha saputo dire le parole giuste a Maria con quel “Rallegrati, piena di grazia. Il Signore è con te!”. Poi ha spiegato.

Non è facile trovare le parole giuste e buone, non si improvvisano, chiedono tanto silenzio e tanta preghiera. Non sono il frutto di un calcolo, ma si sprigionano dall’amore sincero, da quell’amore che Dio ci dona.

Abbiamo tanto bisogno di parole buone per poter far ripartire la nostra vita e quella di una società che sta morendo schiacciata da infinite chiacchere.

Le parole buone sono come semi che potranno germogliare al tempo opportuno, appena incontrano condizioni favorevoli. Seminiamole!

Proviamo a dire parole buone, alleniamoci a lodare, ringraziare, a chiedere perdono a parlare bene di altri, a invitare per un impegno a favore di chi ha bisogno… Qualcosa nascerà, qualcosa di bello. Riprenderà la Speranza.

Ecco alcuni semplici, piccoli esempi di fecondità.

Maria stessa ci insegna che possiamo tutti generare vita. Come le ha detto l’angelo: “Nulla è impossibile a Dio!”

Preghiera
Vieni, Signore Gesù!
Guarda la nostra piccolezza,
entra e ricolmala di te:
di te si nutra e fiorisca.
Vieni! Apri alla Speranza.
Sia fecondo il nostro amore:
anche noi, come Maria,
ti doneremo al mondo.